viernes, 10 de junio de 2022

 Algunos de los encuentros y actividades de Mons. Oscar Sarlinga en el ámbito interreligioso, y muy especialmente con el judaísmo y el islam. 


https://youtu.be/gz07AFNdgpE

OTROS LINKS 

https://www.raoulwallenberg.net/es/?press=aica

El diálogo interreligioso como herramienta de construcción

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Se realizará un encuentro entre el obispo Oscar Sarlinga, el rabino Daniel Goldman y el islámico Omar Ahmed Abboud. Organizan la fundación Pro Salud y la ...

Oscar Sarlinga - Diálogo interreligioso y relación con los... | Facebook

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16 sept 2021 · Diálogo interreligioso y relación con los hermanos judios: Bendición del Gran Rabino de Roma y tañido del Shophar al fin del Yom Kippur...

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Oscar Sarlinga. 1220 sukaan · 33 berbicara tentang ini. Espiritualidad, Pastoral, reflexiones católicas, ecumenismo y diálogo interreligioso, doctrina...

Diálogo interreligioso - PressReader

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El obispo de Zárate-Campana, monseñor Oscar Sarlinga, el representante del Centro Islámico de Argentina, Omar Ahmed Abooud, y el líder espiritual de la ...

Saludos de Monseñor Dr. Oscar Sarlinga a Sociedades Israelitas ...

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En nombre de nuestro Obispo Monseñor Dr. Oscar Domingo Sarlinga como en el ... la Comisiòn Diocesana de Ecumenismo y Diàlogo Interreligioso- Zàrate-Campana ...

Jueves 29 de agosto: II Encuentro dialogo interreligioso – Pilar

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27 ago 2013 · Dentro de los disertantes se encontrará Monseñor Oscar Sarlinga. Para mas información sobre este evento, véase también estos links:.

funcionamiento de los centros de piedad ecumenica y de oración ...

oscarsarlinga.over-blog.es › article-funcionamiento-de-los-centros-de-pieda...

 


8 nov 2013 ·  De mucho vigor es el tema del diálogo interreligioso e intercultural.

Diario de Prensa - RRPPnet

www.rrppnet.com.ar › noticia-ampliada

 

Sólo desde esta perspectiva, el diálogo interreligioso cobra toda su relevancia", ... Monseñor Dr. Oscar D. Sarlinga es en la actualidad, en la Conferencia ...

Fundación Pilar realizó encuentro para el diálogo interreligioso ...

www.zonanortediario.com.ar › MUNICIPIOS › Pilar



jueves, 9 de junio de 2022

 MONS OSCAR SARLINGA (59) vescovo emerito di Zárate-Campana in Argentina, adesso nella sua tappa missionaria in diocesi di Azul (anche in Argentina) ha avuto una considerevole esperienza nell’ambito ecumenico e interreligioso (da membro allora delle commissioni episcopali, e membro della Raoul Wallenberg International Foundation) tanto è così che ha parlato di recente sulle migrazioni, e dei rifugiati, riferendosi alle parole di Papa Francesco a LESBOS nel 2021 «FERMIAMO QUESTO NAUFRAGIO DI CIVILTÀ, IL MEDITERRANEO NON SIA PIÙ UN FREDDO CIMITERO SENZA LAPIDI» (05/12/2021). Il vescovo Sarlinga, che ha fatto degli studi di teologia e diritto canonico in Svizzera, Spagna e Roma, porge l’attenzione su evitare un “naufragio di civiltá”. Dalla Grecia, culla della cultura e della libertà del nostro mondo di oggi, le parole e gli atti papali ci hanno messo in  guardia dalla crisi della democrazia e della partecipazione.

L'obiettivo è superare la «paralisi della paura» e «il cinico disinteresse che con guanti di velluto condanna a morte chi sta ai margini» e dire “no, dice il Papa, «al pensiero dominante» che ruota attorno al proprio io, ai propri egoismi personali e nazionali, che diventano misura e criterio di ogni cosa».

Si sente chiaramente attraverso queste parole quanto é vero che quello che é in gioco é il futuro di tutti, e non solo di alcuni, perché , come ha detto Francesco a Lesbos, «quando i poveri vengono respinti si respinge la pace e chiusure e nazionalismi – la storia lo insegna – portano a conseguenze disastrose». Sono tanto essenziali le categorie di “alteritá” (giá di ordine umana, per esempio nel pensiero di Martin Buber) e cosa dire delle dimensioni sociali della caritá, nella solidaritá!. Aspetto umano e teologico nello stesso tempo. Siamo davanti a degli aspetti del pensiero cattolico (filosofico, teologico, sociale) sempre doveroso, anche per quanto riguarda il preoccupante risorgimento dei nazionalismi esacerbati nel mondo di oggi. Mons Oscar Sarlinga ci parla dei valori umani dell’Europa: “Il Papa incontró i migranti nel campo che li ospita sullì'isola greca di Lesbo, e ribadí quanto l'Europa dovrebbe praticare in veritá quei valori umani che le hanno dato fondazione a se stessa e che vuole anche esportare nel mondo con la sua cultura e le sue pratiche democratiche. «Sono qui per dirvi che vi sono vicino, per dirlo con il cuore» ha detto Francesco, e il  coro cattolico del campo di Mitilene gli manifesta la gioia degli abitanti che gli danno il benvenuto. Ma non tutto é gioiosa manifestazione, si vedono anche tantissime lacrime e delle sofferenze. Sempre sensibile alla sofferenza umana, Francesco ripeté lí le parole del «caro Fratello Bartolomeo» Patriarca di Costantinopoli (Istanbul) con il quale qualche anni fa era andato nell’isola. «Chi ha paura di voi non vi ha guardato negli occhi. Chi ha paura di voi non ha visto i vostri volti. Chi ha paura di voi non vede i vostri figli. Dimentica che la dignità e la libertà trascendono paura e divisione. Dimentica che la migrazione non è un problema del Medio Oriente e dell’Africa settentrionale, dell’Europa e della Grecia. È un problema del mondo», disse il Papa.

Parlando di alteritá, ci risulta evidente che il futuro ci metterà sempre più in contatto con gli altri, che non dobbiamo cadere nel isolazionismo, inteso come attitudine e politica di disinteressi nei confronti delle necessitá o delle vicende altrui, o delle vicende internazionali o globali, favorita da ragioni egoistiche oppure da reazioni psicologiche o da calcoli meramente politici.  Non non è possibile voltare le spalle alla realtà, che è plurale e chiede di essere solidale. Per quello Papa Francesco chiese che finisca «il continuo rimbalzo di responsabilità, e ripeté guardandoli, come già aveva fatto a Cipro, «i vostri volti, i vostri occhi ci chiedono di non girarci dall’altra parte, di non rinnegare l’umanità che ci accomuna, di fare nostre le vostre storie e di non dimenticare i vostri drammi».

Non dimenticare i drammi dei fratelli, l’umanitá ci accomuna. Che trionfi la solidarietá e non “il suono delle campane”, nel senso di “Per chi suona la campana”, che allude ad un verso del poeta John Donne ( «And therefore never send to know for whom the bell tolls. It tolls for thee»).

Che suoni l’ora della Fratellanza.   

Anche la pandemia ci ha fatto capire che una crisi umanitaria riguarda tutti, che siamo tutti sulla stessa barca, ma «mentre si stanno faticosamente portando avanti le vaccinazioni a livello planetario e qualcosa, pur tra molti ritardi e incertezze, sembra muoversi nella lotta ai cambiamenti climatici,

Molte cose sono cambiate dalla visita di cinque anni prima. Il Papa ringrazia «i tanti volontari e quanti a ogni livello – istituzionale, socia


IL PAPA: «CARA GRECIA, SEI LA MEMORIA DELL'EUROPA, DIO CI HA CREATI LIBERI»

04/12/2021  Appena giunto ad Atene, Francesco fa un discorso tutto politico. Per mettere in guardia dalla crisi della democrazia e della partecipazione. E riscoprire un impegno per il bene comune che tuteli i più deboli, l'ambiente, la vita, la partecipazione. L'Europa, dice, non sarebbe diventata quel che è senza la lezione che viene da queste terre

Ma oggi, ovunque, si constata un arretramento della democrazia, uno scetticismo democratico, un passaggio dal partecipare al parteggiare. Si rifà a De Gasperi, al suo discorso del 1949 valido anche oggi: «Si parla molto di chi va a sinistra o a destra, ma il decisivo è andare avanti e andare avanti vuol dire andare verso la giustizia sociale». In questa terra dove l’Acropoli spinge a guardare verso l’Alto e il mare verso l’altro, siamo chiamati a riscoprire la vera politica, a ridare forza alla democrazia che richiede «la partecipazione e il coinvolgimento di tutti e dunque domanda fatica e pazienza. È complessa, mentre l’autoritarismo è sbrigativo e le facili rassicurazioni proposte dai populismi appaiono allettanti». La partecipazione, però, è «un’esigenza fondamentale; non solo per raggiungere obiettivi comuni, ma perché risponde a quello che siamo: esseri sociali, irripetibili e al tempo stesso interdipendenti».

La politica è cosa buona, ma la sua forza non sta nella ricerca ossessiva di popolarità, nella sete di visibilità, nella proclamazione di promesse impossibili o nell’adesione ad astratte colonizzazioni ideologiche. Piuttosto bisogna riscoprirla come «arte del bene comune. Affinché il bene sia davvero partecipato, un’attenzione particolare, direi prioritaria, va rivolta alle fasce più deboli».  «Aiutiamoci», chiede il Papa, «a passare dal parteggiare al partecipare; dall’impegnarsi solo a sostenere la propria parte al coinvolgersi attivamente per la promozione di tutti. Dal parteggiare al partecipare. È la motivazione che ci deve sospingere su vari fronti: penso al clima, alla pandemia, al mercato comune e soprattutto alle povertà diffuse. Sono sfide che chiedono di collaborare concretamente e attivamente».

Lo strumento è quello di un multilateralismo «che non venga soffocato da eccessive pretese nazionaliste. Ne ha bisogno la politica, per porre le esigenze comuni davanti agli interessi privati. Può sembrare un’utopia, un viaggio senza speranza in un mare turbolento, un’odissea lunga e irrealizzabile. Eppure il viaggio in un mare agitato, come insegna il grande racconto omerico, è spesso l’unica via. E raggiunge la meta se è animato dal desiderio di casa, dalla ricerca di andare avanti insieme». Plaude «all'Accordo di Prespa”, firmato tra questa Repubblica e quella della Macedonia del Nord» che è stata possibile proprio praticando questa buona politica.

E parla dell’ulivo, simbolo della fertilità di queste terre e albero che accomuna «terre diverse che si affacciano sull’unico mare. È triste vedere come negli ultimi anni molti ulivi secolari siano bruciati, consumati da incendi spesso causati da condizioni metereologiche avverse, a loro volta provocate dai cambiamenti climatici. Di fronte al paesaggio ferito di questo meraviglioso Paese, l’albero di ulivo può simboleggiare la volontà di contrastare la crisi climatica e le sue devastazioni». Ricorda il diluvio universale e la colomba che torna «da Noè portando “nel becco una tenera foglia di ulivo”. Era il simbolo della ripartenza, della forza di ricominciare cambiando stile di vita, rinnovando le proprie relazioni con il Creatore, le creature e il creato. Auspico in tal senso che gli impegni assunti nella lotta contro i cambiamenti climatici siano sempre più condivisi e non siano di facciata, ma vengano seriamente attuati. Alle parole seguano i fatti, perché i figli non paghino l’ennesima ipocrisia dei padri».

E non può dimenticare i migranti, alcune isole di questo Paese che «ha visto in alcune sue isole approdare un numero di fratelli e sorelle migranti superiore agli abitanti stessi, accrescendo così i disagi, che ancora risentono delle fatiche della crisi economica. Ma anche il temporeggiare europeo perdura: la Comunità europea, lacerata da egoismi nazionalistici, anziché essere traino di solidarietà, alcune volte appare bloccata e scoordinata. Se un tempo i contrasti ideologici impedivano la costruzione di ponti tra l’est e l’ovest del continente, oggi la questione migratoria ha aperto falle anche tra il sud e il nord».

Come ha fatto a Cipro, anche qui, esorta a «una visione d’insieme, comunitaria, di fronte alla questione migratoria, e incoraggiare a rivolgere attenzione ai più bisognosi perché, secondo le possibilità di ciascun Paese, siano accolti, protetti, promossi e integrati nel pieno rispetto dei loro diritti umani e della loro dignità. Più che un ostacolo per il presente, ciò rappresenta una garanzia per il futuro, perché sia nel segno di una convivenza pacifica con quanti sempre di più sono costretti a fuggire in cerca di casa e di speranza. Sono i protagonisti di una terribile moderna odissea». E al Papa piace ricordare che «quando Ulisse approdò a Itaca non fu riconosciuto dai signori del luogo, che gli avevano usurpato casa e beni, ma da chi si era preso cura di lui. La sua nutrice capì che era lui vedendo le sue cicatrici». Esorta a trasformare «in audace opportunità ciò che sembra solo una malcapitata avversità!».

Una avversità, vissuta da tutto il mondo è la pandemia che ci «ha fatti riscoprire fragili e bisognosi degli altri. Anche in questo Paese è una sfida che comporta opportuni interventi da parte delle Autorità – penso alla necessità della campagna vaccinale – e non pochi sacrifici per i cittadini. In mezzo a tanta fatica si è però fatto strada un notevole senso di solidarietà, al quale la Chiesa cattolica locale è lieta di poter continuare a contribuire, nella convinzione che ciò costituisca l’eredità da non perdere con il lento placarsi della tempesta».

E proprio in questa che è la terra di Ippocrate, Francesco parla del giuramento di Ippocrate e dell’impegno a salvaguardare la vita. «Va sempre privilegiato il diritto alla cura e alle cure per tutti, affinché i più deboli, in particolare gli anziani, non siano mai scartati». 

Gli anziani stanno diventando «i privilegiati per lo scarto», ma il Papa sottolinea, invece, che«la vita è un diritto, non la morte, la quale va accolta, non somministrata».

Torna a soffermarsi sulla cultura del «rispetto». Torna a parlare di ecumenismo e di fraternità in Cristo e del messaggio che, come aveva esordito all’inizio, orienti verso l’Alto e verso l’altro, che alle seduzioni dell’autoritarismo risponda con la democrazia; che all’indifferenza individualista opponga la cura dell’altro, del povero e del creato, cardini essenziali per un umanesimo rinnovato, di cui hanno bisogno i nostri tempi e la nostra Europa».

martes, 7 de junio de 2022

Mons. Salinga: “Superare la paralisi della paura”

 de: https://ladiscussione.com/160481/societa/mons-salinga-superare-la-paralisi-della-paura/



Mons. Salinga: “Superare la paralisi della paura”

di Giacomo Palermomercoledì, 13 Aprile 20223306

Oscar Domingo Sarlinga (Buenos Aires, 20 maggio 1963) è un vescovo cattolico argentino nominato da Papa Giovanni Paolo II nel 2003. Fin dai suoi primi studi teologici si è distinto per l’umanità e il dialogo interreligioso che manifesta anche attraverso i social network sul fenomeno delle migrazioni e dei rifugiati, particolarmente nell’ambito del Mediterraneo, non di meno sulla necessita di riscoprire un impegno per il bene comune che tuteli i più deboli, l’ambiente, la vita, la partecipazione come viene portato avanti anche dalle Nazioni Unite.

Mons. Oscar Sarlinga in Argentina nella sua attuale tappa missionaria in diocesi di Azul (una delle più latine province dell’Argentina) ha avuto una considerevole esperienza nell’ambito ecumenico e interreligioso (da membro allora delle commissioni episcopali, e membro della Raoul Wallenberg International Foundation) tanto è così che ha parlato di recente sulle migrazioni, e dei rifugiati, riferendosi alle parole di Papa Francesco a LESBOS nel 2021 «FERMIAMO QUESTO NAUFRAGIO DI CIVILTÀ, IL MEDITERRANEO NON SIA PIÙ UN FREDDO CIMITERO SENZA LAPIDI» (05/12/2021). Il vescovo Sarlinga, che ha fatto degli studi di teologia e diritto canonico in Svizzera, Spagna e Roma, porge l’attenzione su evitare un “naufragio di civiltá”.

Dalla Grecia, culla della cultura e della libertá del nostro mondo di oggi, le parole e gli atti Papali ci hanno messo in  guardia sulla crisi della democrazia e della partecipazione.

L’obiettivo é superare la «paralisi della paura» e «il cinico disinteresse che con guanti di velluto condanna a morte chi sta ai margini» e dire “no”, dice Papa Francesco, «al pensiero dominante» che ruota attorno al proprio io, ai propri egoismi personali e nazionali, che diventano misura e criterio di ogni cosa».

Si sente chiaramente attraverso queste parole quanto é vero che quello che é in gioco é il futuro di tutti, e non solo di alcuni, perché, come ha detto Sua Santità a Lesbos, «quando i poveri vengono respinti si respinge la pace e chiudendosi a nazionalismi – la storia lo insegna – portano a conseguenze disastrose». Sono tanto essenziali le categorie di “alteritá” (giá di ordine umana, per esempio nel pensiero di Martin Buber) e cosa dire delle dimensioni sociali della caritá, della solidarietá!. Aspetto umano e teologico nello stesso tempo. Siamo davanti a degli aspetti del pensiero cattolico (filosofico, teologico, sociale) sempre doveroso, anche per quanto riguarda il preoccupante risorgimento dei nazionalismi esacerbati nel mondo di oggi.

Mons Oscar Sarlinga ci parla dei valori umani dell’Europa: “Il Papa incontró i migranti nel campo che li ospita nell’isola greca di Lesbo, e ribadí quanto l’Europa dovrebbe praticare in veritá quei valori umani e trascendenti (delle tre religioni monoteiste) che le hanno dato fondazione a se stessa e che vuole anche esportare nel mondo con la sua cultura e le sue pratiche democratiche. «Sono qui per dirvi che vi sono vicino, per dirlo con il cuore» ha detto Francesco, e il  coro cattolico del campo di Mitilene gli manifesta la gioia degli abitanti che gli danno il benvenuto. Ma non tutto é gioiosa manifestazione, si vedono anche tantissime lacrime e delle sofferenze. Sempre sensibile alla sofferenza umana, Francesco ripete le parole del «caro Fratello Bartolomeo» Patriarca di Costantinopoli (Istanbul) con il quale qualche anno fa era andato nell’isola. «Chi ha paura di voi non vi ha guardato negli occhi. Chi ha paura di voi non ha visto i vostri volti. Chi ha paura di voi non vede i vostri figli. Dimentica che la dignità e la libertà trascendono paura e divisione. Dimentica che la migrazione non è un problema del Medio Oriente e dell’Africa settentrionale, dell’Europa e della Grecia. È un problema del mondo», disse il Papa.

Parlando di alterità, ci risulta evidente che il futuro ci metterà sempre più in contatto con gli altri, che non dobbiamo cadere nell’isolazionismo, inteso come attitudine e politica di disinteressi nei confronti delle necessita o delle vicende altrui, o delle vicende internazionali o globali, favorita da ragioni egoistiche oppure da reazioni psicologiche o da calcoli meramente politici.  Non è possibile voltare le spalle alla realtà, che é plurale e chiede di essere solidali. Per questo Papa Francesco chiede che finisca «il continuo rimbalzo di responsabilità, e ripete guardandoli, come già aveva fatto a Cipro, «i vostri volti, i vostri occhi ci chiedono di non girarci dall’altra parte, di non rinnegare l’umanità che ci accomuna, di fare nostre le vostre storie e di non dimenticare i vostri drammi».

Non dimenticare i drammi dei fratelli, l’umanitá che ci accomuna. Che trionfi la solidarietá e non “il suono delle campane”, nel senso di “Per chi suona la campana”, che allude ad un verso del poeta John Donne ( «And therefore never send to know for whom the bell tolls. It tolls for thee»).

Che suoni l’ora della Fratellanza.

lunes, 30 de mayo de 2022

 Mons. Oscar Sarlinga se ha referido en distintas ocasiones, desde una perspectiva espiritual,  a quienes sufren depresión. Entre otras circunstancias está su carta pastoral al respecto. 

https://www.aciprensa.com/Docum/documento.php?id=125



“Depresión y angustia, males complejos dentro del misterio del sufrimiento”


En el pasado año de 2006 tuve la ocasión de declarar a la Santísima Virgen, en su advocación de Ntra. Sra. del Pozo, o «Madonna del Pozzo», como Patrona para quienes sufren depresión y estados de angustia y situaciones de grave necesidad, en esta diócesis de Zárate-Campana. Entronizada su imagen en la parroquia de Santa Rosa de Lima, en Villa Rosa (Pilar)y en otras capillas de la diócesis (como Santa Teresita, en Manuel Alberti, y María de Nazaret, en Zárate)1, allí han acudido miles de fieles a lo largo de este año, con el maravilloso don de la Fe, o bien pidiendo al Señor ese don, junto con las gracias que necesitan, también el don de la salud, viendo como del todo natural que el cristiano enfermo o deprimido vuelva sus ojos a la Santísima Virgen Maria, «Causa de nuestra alegría y Salud de los enfermos»2. Nada hay de especialísimo en dicha advocación: «Casa de María» son todas las iglesias donde se encuentra Jesús Eucarístico y la presencia espiritual de la Madre. El tema sí es especial; me mueve a dirigirles ésta sobre todo la necesidad pastoral que veo de afrontar con Fe y Esperanza el panorama de angustia y depresión en que viven no pocos hermanos y hermanas nuestros.

Nos mueve la Fe, que es un magnífico don de gracia; es la Fe en Jesucristo, Hijo del Dios Vivo, a quien Su Madre, la Santísima Virgen, nos atrae a todos con singular predilección, especialmente a quienes más lo necesitan, abriéndonos caminos de alegría y paz. Es por ello que la Iglesia siempre ha tenido tan en alto la preocupación por los enfermos y sufrientes, a imitación del propio Jesús, como lo refería el Papa Benedicto XVI en una reciente visita pastoral a una clínica: “Encontrándome entre vosotros, pienso de modo espontáneo en Jesús, que durante su existencia terrena siempre mostró una particular atención a los que sufrían, curándolos y dándoles la posibilidad de volver a la vida de relación familiar y social, que la enfermedad había impedido. Pienso también en la primera comunidad cristiana, donde, (…) muchas curaciones y prodigios acompañaban la predicación de los Apóstoles. La Iglesia, siguiendo el ejemplo de su Señor, manifiesta siempre una predilección especial por quienes sufren y (…) ve en el que sufre a Cristo mismo, y no cesa de prestar a los enfermos la ayuda necesaria, la ayuda técnica y el amor humano, consciente de que está llamada a manifestar el amor y la solicitud de Cristo a ellos y a quienes los atienden (…)”3. Así también nosotros debemos tener una especial solicitud para con los enfermos y los que sufren, y en especial para con los deprimidos y angustiados; más aún, en nuestras parroquias, movimientos y asociaciones de fieles, todo ello debiera ser un aspecto más que destacado de la pastoral.

Sí sabemos que se sufre como persona, con las características físicas, psicológicas y espirituales que cada persona posee. Tiene mucho, muchísimo que ver con el sentido de la vida que cada uno tenga, como afirma Cassell4. Así,  la esencia del sufrimiento consiste en cierta desintegración del ser, incluyendo el pasado, el futuro, el sentido de la vida de alguien, sus intenciones y proyectos, sus ideas de fuerza y sus creencias. El sufrimiento se da, pues, en una cultura, que es propia del ser humano. A este respecto, un valioso Documento del Pontificio Consejo para la Cultura, llamado «Para una pastoral de la cultura», recuerda que esta última “(…) es tan connatural en el ser humano que la naturaleza de éste no posee rostro sino cuando se realiza en su cultura”5 . Así también se realiza el rostro del sufrimiento, y por ende, de la depresión, la angustia, el sentimiento del estado de grave necesidad.

Ahora bien, la depresión y la angustia son siempre manifestaciones de sufrimiento. Pero la inversa no es igualmente cierta. Nos preguntamos, pues: ¿Qué es el sufrimiento?; ¿por qué el sufrimiento?. Y, todavía mejor, ¿para qué el sufrimiento?. ¿Existe un sentido de él?. Expongo estas preguntas (los cristianos tenemos una Respuesta, con mayúscula), pero, creo, no sería el momento de intentar dilucidar aquí cuestiones tan cruciales para el ser humano, y tampoco de establecer distinciones entre dolor y sufrimiento, y dentro de éstos, de profundizar en las causas psíquicas de la depresión y la angustia. Más que al sufrimiento en general, esta carta desea estar referida sobre todo a estas dos últimas, con una mirada pastoral.

Para introducirnos en tema, algo importante es no confundir el estado de ánimo triste, que constituye un malestar psicológico frecuente (y que conlleva el sentirse triste o deprimido) pero que no configura el padecimiento de una depresión en sí, puesto que ésta indica signos, síntomas, síndromes, un estado emocional permanente, una reacción clínica bien definida. En la depresión como estado pato-lógico se pierde la alegría y satisfacción de vivir, la capacidad de actuar y obrar, y la esperanza de recobrar el bienestar, cayendo en un sombrío ánimo. Precisamente, aquélla se acompaña de manifestaciones evaluables clínicamente en la esfera del estado de ánimo6 del pensamiento7, de la actividad psico-motriz8 y de las manifestaciones somáticas9.

Siempre considerando el no ser especialistas, podemos también afirmar, lato sensu, que el fenómeno de la depresión es complejo y multicausal10. En ese sentido, el Papa Juan Pablo II, quien trató en distintas ocasiones el tema de la depresión desde una perspectiva humana amplia, hacía referencia a “(…) los diferentes aspectos de la depresión en su complejidad: van desde la enfermedad profunda, más o menos duradera, hasta un estado pasajero, ligado a acontecimientos difíciles –conflictos conyugales y familiares, graves problemas laborales, estados de soledad...–, que comportan una fisura o una ruptura en las relaciones sociales, profesionales, familiares. La enfermedad es acompañada con frecuencia por una crisis existencial y espiritual, que lleva a dejar de percibir el sentido de la vida”11. Se encuentran allí mencionados los diversos aspectos y causas de la depresión, difusos hoy como nunca, tal como se ha expresado más arriba, en la cultura moderna.

Sin entrar en especializaciones, podemos genéricamente constatar, esto sí, es que la depresión es un mal particularmente complejo y presente en nuestra época contemporánea12, caracterizada –como ninguna otra época- por el avance de los conocimientos científicos y del dominio del hombre sobre el planeta, pero también signada por el abandono, la soledad, la incertidumbre y las mil y una posibilidades de frustración, tantas veces originadas en el sinsentido de la vida, esto es, en que la vida humana aparece para muchos desprovista de sentido, o bien en factores externos, como graves injusticias infligidas, injusta miseria, desengaños, calumnias, estafas, trágica pérdida de seres queridos, pérdida de fe y esperanza por escándalo o pereza o malevolencia de quienes debían ayudar.

En general, queridos hermanos y hermanas, hay a nuestro alrededor todo un mundo del dolor del que nos compadeceríamos mucho más, si miráramos aunque más no fuera un poco, saliendo de nuestro propio mundo –o mundillo- de auto-suficiencia y auto-miramiento, o del fárrago de nuestros propios problemas. ¡Si aunque sea siempre rezáramos un Padrenuestro por los que más sufren!. ¡O los incluyéramos siempre en las intenciones de la Santa Misa!. Puestos en el Corazón de Cristo, ya sería muchísimo, y también mucho es lo que podemos hacer, en Cristo, conforme a las exigencias de la vida cristiana, en la «eucaristía vivida» de nuestra vida diaria.

Actos del drama interior

¿Es un drama la vida?. En el ámbito de la filosofía, no pocos consideran que el grito de Friedrich Nietzche, acerca de «la muerte de Dios» plantea en realidad la trágica cuestión de «la muerte del ser humano». El declive postmoderno desde Michel Foucault a Claude Levi-Straus, desde el «sueño antropológico» del primero, que deviene en «muerte del hombre» hasta la mitológica tetralogía del segundo, con su «crepúsculo de los hombres», caracterizado por la «nada»13.

No son éstas, pienso, consideraciones exquisitas y desprovistas de sentido. Nosotros, personas religiosas, tenemos mucho que orar y mucho que obrar por el bien; sin creernos más que nadie sino partiendo de las energías de Amor del «homo religiosus», energías que el Espíritu del Señor ha puesto para bien de los que lo aman. Frente al drama del vacío existencial, pongamos Amor, y allí donde haya odio, envidia, paranoia consentida, también. Como en la oración de San Francisco de Asís. Incluso frente al horror del campo de concentración, expresión sin par del vacío existencial al que nos referíamos, y de la ominosa Shoah, el gran neurólogo Viktor Frankl, vienés, hebreo, luego profesor de Harvard, Stanford, Pittsburgh e Dallas, fallecido a los 92 años en 1997, encontró el sentido de la vida y el sentido del Amor. En su obra, «Le dieu inconscient», nos habla del «poder de contestación del espíritu». Y parte del principio que «la exigencia fundamental del hombre –es- (…) la plenitud de sentido»14.

He aquí un gran remedio a la tristeza y depresión. Aparece aquí el tema de la «voluntad de sentido», que abren vías de salida al ser frustrado, presa del vértigo del vacío existencial, que puede caracterizarse como pérdida de la capacidad para interesarse, ilusionarse y disfrutar de todas o casi todas las cosas y circunstancias de la vida, disminución general de la vitalidad, pérdida de la confianza en sí mismo, con sentimientos de inutilidad, inferioridad o de culpabilización excesiva, perspectiva negra del futuro, ideas de muerte e incluso de suicidio. Este vértigo en el que el ser humano puede caer se manifiesta como rampante tristeza, ideas negras, repliegue sobre sí mismo con obsesión de muerte, y caída en el vacío. Presas del miedo, tantos hermanos y hermanas nuestros ven todo con temor, hastío de vivir, voluntad abandonada. Es la náusea y la desesperación. Es el drama interior, que necesita de un profesional especializado, y también de atención pastoral.

A nivel humano en general, sin embargo, pienso que en el drama de la depresión pueden existir algunos factores de predisposición, pero aquí sí, más que nunca, no se debe generalizar, teniendo en cuenta, sobre todo, la multicausalidad a la que hemos hecho alusión más arriba.

Sin entrar ahora en estas líneas en el plano de la responsabilidad moral, creo que para nada menor puede constituir un factor a considerar como desencadenante de la depresión (más allá de todas las predisposiciones genéticas y otras causales), el excesivo perfeccionismo de la persona (¿es ésta una manifestación obsesiva?), es decir, el ansia desmesurada de obtener resultados «perfectos», que nadie pueda atacar o criticar (lo cual esto último, curiosamente, hace a la persona muy vulnerable a la frustración). El perfeccionismo podría ser confundido con el sentido genérico de la «responsabilidad», pero en realidad denota cierto sentimiento de omnipotencia y, diríamos, de «irrealismo», en el sentido de rehusar admitir las propias limitaciones. No es el caso la mayoría de las veces, pero puede ocurrir que dicho perfeccionismo hiperintencional (utilizando un lenguaje más o menos frankliano) se vea teledirigido a logros de anti-valores, como tantas veces son pregonados por algunos medios masivos de comunicación15.

Ya más en el orden psíquico y psicológico, otro factor importante puede constituir la psico-estructura del sujeto con caracteres paranoicos o paranoides, factor que adquiere repercusión sobre el tema pues quien adolece de una tendencia paranoica es, en cierta medida, impermeable a la experiencia «fáctica»16 teniendo, como lo tiene, afectado el sentido del discernimiento de sus propias limitaciones o responsabilidades y culpando a los demás(como normalmente su trastorno de personalidad lo lleva a hacerlo) de sus fracasos y frustraciones, los cuales serían otros tantos complots en su contra. Dicha actitud le hace ver a muchos de los que lo rodean (o a todos) como un conjunto de adversarios y enemigos conjurados. Ello le ocasiona aislamiento y rechazo, y, quizá, depresión. Reitero que no estamos tratando aquí de la falta moral (no hay que confundir esto, sin tampoco escindir).

En el mismo orden, tampoco podríamos dejar de mencionar como factores depresivos a la agobiante «soledad» (no la fecunda, sino esa soledad destructiva, que frustra, algunas veces causada por la desconfianza sistemática) y a la parálisis o atrofia de la actividad (mencionada magistralmente por Frankl como hiperintención paralizante)17, en la cual la persona deprimida experimenta una exacerbación de su sentido de autocrítica y tiende a teñir de negativo sus posibilidades de actuación.

La actitud pastoral: desde un punto de vista psicológico, y humano, diríamos, una persona que ha caído en depresión necesita compañía y ayuda a fines de superar la soledad y aislamiento, necesita que alguien le abra camino a la luz en su vida, necesita ejercitar alguna actividad satisfactoria que le resulte exitosa, abrirse al Bien y a la Verdad, y para ello es preciso que descubra cuáles son las fisuras y grietas de su personalidad por dónde se han filtrado las aguas negras de la depresión. Para esto puede ayudar grandemente una perspectiva espiritual profunda, que redimensione enteramente los actos del drama, para transformarlos en una nueva actuación de vida.

Una recuperación desde la fuente de la dimensión espiritual

Lo primero es la aceptación de la propia realidad, la cual, en la medida en que Dios la quiso, o permitió por lo menos, llega a ser «historia sagrada» en el sentido en que ni un cabello cae de nuestra cabeza sin que el Padre celestial lo sepa. En la vida no estamos dejados «A la deriva», como dramática y genialmente lo narra el cuento de Horacio Quiroga… (lo recuerdo de la escuela primaria…) Porque para quienes tienen Fe, “(…) todo coopera al bien de los que aman a Dios” (Rm 8, 28); también la autoestima coopera, y en grande, porque no puede amar a los otros quien no se ama (no «más allá del Sol y de las estrellas», en el decir de Dante Alighieri, sino en la justa medida), por debajo de Dios y amando al prójimo como a sí mismo.

Es claro que si la persona que sufre depresión es creyente, más aún, un cristiano, un católico con claro conocimiento de su fe y de la doctrina sobre Dios Providente y Misericordioso, que puede “(…) hacer de las mismas piedras hijos de Abrahám” (Mt 3, 9), hay elementos muy sólidos para superar el mundo de oscuridad y frustración y de parálisis psíquica.

Por ello, en la atención pastoral de quien padece angustia y depresión ocupa un lugar de primer plano todo lo que pueda robustecer la Fe, comprendiendo por ésta las certezas acerca de la bondad y sabiduría de Dios (en quien «vivimos, nos movemos y existimos» como reza Hch 17, 28), acerca de su presencia y su amoroso poder, acerca del destino de felicidad que Dios quiere para todos los seres humanos, al punto que nos dio a su propio Hijo (cf. Jn 3, 16). También acerca del recibimiento tierno que Dios prodiga a sus hijos descarriados (cf. Lc 15, 11-24), aun sabiendo perfectamente acerca de nuestras limitaciones, flaquezas, astucias y «agachadas» (cf. Salmo 103, 14).

La depresión y la angustia, en lo espiritual, constituyen una dura prueba. El papel de los que cuidan de la persona deprimida, y no tienen una tarea terapéutica específica (por ejemplo quienes atienden a nivel pastoral a quienes más sufren), consiste sobre todo en ayudarle a recuperar la estima de sí misma, la confianza en sus capacidades, el interés por el futuro y el deseo de vivir18. Por eso, es importante tender la mano a todos los enfermos, ayudarles a percibir el Amor y la ternura de Dios, integrarlos en una comunidad de fe y de vida donde puedan sentirse acogidos, comprendidos, sostenidos, en una palabra, dignos de amar y de ser amados. Para ellos, como para cualquier otro, contemplar a Cristo y dejarse "mirar" por él es una experiencia que los abre a la esperanza y los  impulsa a abrirse a la vida en abundancia (cf. Dt 30, 19).

Algo muy importante en la búsqueda de sentido, para un creyente, es asumir el sufrimiento (y por ende la depresión y la angustia), sin quedantismo ni –ciertamente- como forma de trágico masoquismo sino como forma de «participación en la pasión y en la cruz de Cristo» y como una realidad dolorosa que nos habilita, en el decir de San Pablo, para “(…) completar lo que falta a la pasión de Cristo, en favor de su cuerpo que es la Iglesia” (Col 1, 24).

Esto es causa de esperanza y de apertura de una gran ventana de luz, que da a la comprensión del destino de bienaventuranza de la persona humana, al punto que se haga prácticamente manifiesto cómo el camino hacia la vida eterna puede tener que atravesar por una prueba, casi como, en cierto sentido, un propio aniquilamiento y sentimiento de abandono, a imitación de Cristo19. La oración (¡qué maravilloso es abrirnos a orar!), la participación fructuosa en los sacramentos de la Iglesia serán entonces de inmensa ayuda, en especial la Eucaristía, la Penitencia y la Unción de los enfermos.

Una recuperación espiritual será de invalorable ayuda para quien sufre angustia, depresión y estados de urgente necesidad, porque lo ayudará a amarse más, a valorarse más, y a recobrar el sentido de la justa lucha, de la esperanza y de la salida a la oscuridad de la desesperación. Entonces la gracia y la paz se podrán derramarse como una fuente de bendición, porque siempre podemos salir para ayudar a otros que sufren, y esto trae bendición, porque lo dijo Jesús: “Cuanto ustedes hicieron a uno de estos hermanos míos más pequeños, a mi me lo hicieron” (Mt. 25,40-45).

Así es para con los enfermos, los más pobres, los que sufren, los abandonados, angustiados y deprimidos.

Conclusión

La alegría pascual refulge siempre magnífica en la Iglesia y para la humanidad, pues el gozo es el don de Dios del cual, aquélla, la Iglesia, es portadora, en tanto portadora del Evangelio. «La alegría – escribía el converso Paul Claudel, convertido por intercesión de la Virgen durante el cántico del Magníficat en la catedral de Notre Dame – es la primera y la última palabra del Evangelio»20.

Tanto el anticuerpo como el antídoto para la enfermedad de la oscuridad del corazón es la Fe en Aquél que nos dijo: «Yo soy el camino, la verdad y la vida». Entonces nuestra vida se transforma en una Eucaristía vivida, aun con sufrimiento y dolor (de los cuales, cuanto más aborrecimiento tengamos, más expuestos al sufrimiento estaremos). La alegría cristiana, en cambio, proviene de la esperanza que no defrauda, ese «ya pero todavía no» que es anticipación de la Gloria del Cielo. El Nuevo Testamento está todo penetrado de la Vida que Jesús nos transmite y comunica, y Vida en abundancia (cf Mt 25,21-23; Lc 1,14; 2,10). Nos la comunica a todos sus discípulos; por ello el Evangelio de Juan afirma que la alegría de Jesús vive en el discípulo (Cf Jn 17,13; 1 Jn 1,4; 2 Jn 12), podemos decir, es una «alegría discipular», la cual no cesa incluso coexistiendo con el sufrimiento (Cf Jn 16,20-24; 14,28). El gran Obispo y Doctor de la Iglesia, San Agustín, tiene unas estupendas meditaciones sobre la alegría del discìpulo21, que tantas veces los cristianos tendríamos que poner más en práctica, también los pastores del Pueblo de Dios; y me incluyo el primero.

Porque esa realidad de Fe y de Esperanza en nuestra vida hace irradiar de luz a todo nuestro ser, y se transforma en fuente de bendición y alegría para los demás, alentando el espíritu y el rostro feliz de cuantos entren en contacto con nosotros, como dice el Libro de los Proverbios sobre el «corazón» (en sentido bíblico: «Lev»): “Corazón contento, cara feliz, corazón abatido, desalienta el espíritu” (Prov. 15, 13).

Pedimos al Señor, por intercesión de la Santísima Virgen María, en su advocación de «Nuestra Señora del Pozo», que saque a nuestros hermanos caídos en el pozo de oscuridad y angustia y nos haga ver su Luz –también a través de las causas segundas de la ciencia-, un Camino de Luz, para pasar «haciendo el bien».

En la Fiesta de Nuestra Señora de la Merced, la Libertadora de los cautivos, 24 de septiembre de 2007

+Oscar D. Sarlinga

martes, 10 de mayo de 2022

Mediterraneo, vescovo Sarlinga: non sia più un freddo cimitero senza lapidi

 de: https://www.focusonafrica.info/mediterraneo-vescovo-sarlinga-non-sia-piu-un-freddo-cimitero-senza-lapidi/

Mediterraneo, vescovo Sarlinga: non sia più un freddo cimitero senza lapidi




Oscar Domingo Sarlinga è un vescovo cattolico argentino nominato da Papa Giovanni Paolo II nel 2003. Fin dai suoi primi studi teologici si è distinto per l’umanità e il dialogo interreligioso che manifesta anche attraverso i social network sul fenomeno delle migrazioni e dei rifugiati, particolarmente nell’ambito del Mediterraneo, non di meno sulla necessita di riscoprire un impegno per il bene comune che tuteli i più deboli, l’ambiente, la vita, la partecipazione come viene portato avanti anche dalle Nazioni Unite.

Mons. Oscar Sarlinga in Argentina nella sua attuale tappa missionaria in diocesi di Azul (una delle più latine province dell’Argentina) ha avuto una considerevole esperienza nell’ambito ecumenico e interreligioso (da membro allora delle commissioni episcopali, e membro della Raoul Wallenberg International Foundation) tanto è così che ha parlato di recente sulle migrazioni, e dei rifugiati, riferendosi alle parole di Papa Francesco a LESBOS nel 2021 «FERMIAMO QUESTO NAUFRAGIO DI CIVILTÀ, IL MEDITERRANEO NON SIA PIÙ UN FREDDO CIMITERO SENZA LAPIDI» (05/12/2021). Il vescovo Sarlinga, che ha fatto degli studi di teologia e diritto canonico in Svizzera, Spagna e Roma, porge l’attenzione su evitare un “naufragio di civiltá”.

Dalla Grecia, culla della cultura e della libertá del nostro mondo di oggi, le parole e gli atti Papali ci hanno messo in  guardia sulla crisi della democrazia e della partecipazione.

L’obiettivo é superare la «paralisi della paura» e «il cinico disinteresse che con guanti di velluto condanna a morte chi sta ai margini» e dire “no”, dice Papa Francesco, «al pensiero dominante» che ruota attorno al proprio io, ai propri egoismi personali e nazionali, che diventano misura e criterio di ogni cosa».

Si sente chiaramente attraverso queste parole quanto é vero che quello che é in gioco é il futuro di tutti, e non solo di alcuni, perché, come ha detto Sua Santità a Lesbos, «quando i poveri vengono respinti si respinge la pace e chiudendosi a nazionalismi – la storia lo insegna – portano a conseguenze disastrose». Sono tanto essenziali le categorie di “alteritá” (giá di ordine umana, per esempio nel pensiero di Martin Buber) e cosa dire delle dimensioni sociali della caritá, della solidarietá!. Aspetto umano e teologico nello stesso tempo. Siamo davanti a degli aspetti del pensiero cattolico (filosofico, teologico, sociale) sempre doveroso, anche per quanto riguarda il preoccupante risorgimento dei nazionalismi esacerbati nel mondo di oggi.

Mons Oscar Sarlinga ci parla dei valori umani dell’Europa: “Il Papa incontró i migranti nel campo che li ospita nell’isola greca di Lesbo, e ribadí quanto l’Europa dovrebbe praticare in veritá quei valori umani e trascendenti (delle tre religioni monoteiste) che le hanno dato fondazione a se stessa e che vuole anche esportare nel mondo con la sua cultura e le sue pratiche democratiche. «Sono qui per dirvi che vi sono vicino, per dirlo con il cuore» ha detto Francesco, e il  coro cattolico del campo di Mitilene gli manifesta la gioia degli abitanti che gli danno il benvenuto. Ma non tutto é gioiosa manifestazione, si vedono anche tantissime lacrime e delle sofferenze. Sempre sensibile alla sofferenza umana, Francesco ripete le parole del «caro Fratello Bartolomeo» Patriarca di Costantinopoli (Istanbul) con il quale qualche anno fa era andato nell’isola. «Chi ha paura di voi non vi ha guardato negli occhi. Chi ha paura di voi non ha visto i vostri volti. Chi ha paura di voi non vede i vostri figli. Dimentica che la dignità e la libertà trascendono paura e divisione. Dimentica che la migrazione non è un problema del Medio Oriente e dell’Africa settentrionale, dell’Europa e della Grecia. È un problema del mondo», disse il Papa.

Parlando di alterità, ci risulta evidente che il futuro ci metterà sempre più in contatto con gli altri, che non dobbiamo cadere nell’isolazionismo, inteso come attitudine e politica di disinteressi nei confronti delle necessita o delle vicende altrui, o delle vicende internazionali o globali, favorita da ragioni egoistiche oppure da reazioni psicologiche o da calcoli meramente politici.  Non è possibile voltare le spalle alla realtà, che é plurale e chiede di essere solidali. Per questo Papa Francesco chiede che finisca «il continuo rimbalzo di responsabilità, e ripete guardandoli, come già aveva fatto a Cipro, «i vostri volti, i vostri occhi ci chiedono di non girarci dall’altra parte, di non rinnegare l’umanità che ci accomuna, di fare nostre le vostre storie e di non dimenticare i vostri drammi».

Non dimenticare i drammi dei fratelli, l’umanitá che ci accomuna. Che trionfi la solidarietá e non “il suono delle campane”, nel senso di “Per chi suona la campana”, che allude ad un verso del poeta John Donne ( «And therefore never send to know for whom the bell tolls. It tolls for thee»).

Che suoni l’ora della Fratellanza.